LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI COMO sezione V Riunita con l'intervento dei Signori: Chiaro Domenico, Presidente, Vitali Angelo, Relatore, Amore Giorgio, Giudice. Ha emesso la seguente ordinanza: sul ricorso n. 347/13 depositato il 02/05/2013, avverso avviso di accertamento n. T9K010800959 Irpef-Add.Reg. 2007, avverso avviso di accertamento n. T9K010800959 Irpef-Add.Com. 2007, avverso avviso di accertamento n. T9K010800959 Irpef-Altro 2007, contro: Ag. Entrate Direzione Provinciale Como; proposto dal ricorrente: Barsocchi Angelo, Via ai Crotti 8 - 22031 Albavilla (CO); difeso da: Terenghi Rag. Gabriella, Via dei Mille n. 13 - 22100 Como (CO); sul ricorso n. 609/13 depositato il 02/10/2013, avverso avviso di accertamento n. T9K010800629/13 Irpef-Add.Reg. 2008, avverso avviso di accertamento n. T9K010800629/13 Irpef-Add.Com. 2008, avverso avviso di accertamento n. T9K010800629/13 Irpef-Altro 2008, contro: Ag. Entrate Direzione Provinciale Como; proposto dal ricorrente: Barsocchi Angelo - Via ai Crotti 8 - 22031 Albavilla (CO); difeso da: Terenghi Gabriella - Via dei Mille n. 13 - 22100 Como (CO) - Barsocchi Angelo - R.G. nn. 347/13 e 609/13. Con un primo ricorso depositato in data 2.5.2013 ed assunto al numero di R.G. 347/13 il signor Barsocchi Angelo ha impugnato l'avviso di accertamento n. T9K010800959/2012, con il quale l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Como ha accertato sinteticamente, per il periodo di imposta 2007, un maggior reddito IRPEF di € 36.212,00 ai sensi dell'art. 38 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600, sulla base dell'esistenza di beni indicativi di capacita' contributiva (due autovetture e la residenza principale) e di incrementi patrimoniali (acquisto di un'autovettura), ingiungendo il pagamento della relativa differenza di imposta, oltre interessi e sanzioni per dichiarazione infedele. Con un successivo ricorso depositato in data 2.10.2013 ed assunto al numero di R.G. 609/13 ha impugnato anche l'avviso n. T9K010800629/2013 relativo al periodo di imposta 2008, recante l'accertamento di un maggior reddito IRPEF di 31.845,00, oltre interessi e sanzioni. I due avvisi di accertamento impugnati sono stati emessi sulla base dei dati e delle informazioni forniti dal contribuente all'amministrazione finanziaria in risposta al questionario inviatogli ai sensi dell'art. 32 comma 1 n. 4 del D.P.R. n. 600/1973 (cfr. doc. 3 allegato alle controdeduzioni dell'Ufficio), questionario che recava espressamente l'avvertimento di rito ex art. 32 comma 4 del D.P.R. n. 600/1973 circa la successiva inutilizzabilita' in sede giurisdizionale dei dati e degli elementi non tempestivamente dichiarati. A sostegno di entrambi i gravami il contribuente ha dedotto due articolati motivi di ricorso, rubricati come segue. 1. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 38 c. 4 e ss. del D.P.R. n. 600/1973. Illegittimita' dell'accertamento per difetto di motivazione, carente sotto il profilo sostanziale e della prova. Insussistenza degli elementi e delle circostanze di fatto certi previsti dall'art. 38 c. 4 D.P.R. n. 600/1973. Illegittimita' degli avvisi di accertamento basati su una presunzione semplice non assistita dai requisiti della gravita', precisione e concordanza. Illegittimita' degli avvisi di accertamento per omissione di contraddittorio con il contribuente, preventivo alla notifica degli stessi. 2. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 38 c. 4 e ss. del D.P.R. n. 600/1973, nella formulazione normativa vigente ratione temporis, anteriore alle modifiche normative introdotte dal D.L. n. 78/2010. Insussistenza dei requisiti di legittimita' degli accertamenti costituiti dallo scostamento di 1/4 - e per almeno due periodi di imposta - tra il reddito «sinteticamente» accertabile e quello dichiarato. In particolare, il contribuente lamenta il mancato esperimento del contraddittorio preventivo previsto dalla novella introdotta con l'art. 22 del D.L. 31.5.2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30.7.2010, n. 122) ed evidenzia, offrendo i relativi elementi di prova: 1) di aver percepito, negli anni 2007 e 2008, una pensione di invalidita', rispettivamente di € 3.157,00 ed € 3.207,00; 2) che l'autovettura modello Lancia Ypsilon acquistata nel 2006 costituisce bene strumentale, rilevante ai fini dell'accertamento redditometrico soltanto nella misura del 50%; 3) che l'autovettura Kia Karens acquistata nel 2009 e' stata integralmente acquistata mediante un finanziamento, sicche' non puo' essere ragionevolmente assunta, quale incremento patrimoniale (per 1/5, pari ad € 3.894,00), per determinare la capacita' contributiva per gli anni precedenti. Sebbene il contribuente non dichiari - ex art. 32 comma 5 del D.P.R. n. 600/1973 - di non aver compiutamente adempiuto alle richieste degli uffici per una causa a lui non imputabile, nondimeno ritiene che di tali dati l'amministrazione debba necessariamente tenere conto ai fini della ricostruzione della sua effettiva capacita' contributiva. Ne conseguirebbe, rielaborando il reddito sulla base degli indici di capacita' contributiva corretti alla luce dei nuovi elementi forniti - seppur tardivamente - con l'atto introduttivo del giudizio, un reddito accertabile per l'anno 2008 pari ad € 45.857,78, che, rispetto al reddito dichiarato dell'intero nucleo familiare (€ 35.253,00 + 3.207,00 di pensione di invalidita' = € 38.460,00), determina uno scostamento (€ 7.397,78) inferiore al 25% (38.460,00 x 1/4 = € 9.615,00), sicche' non sussisterebbe il presupposto normativo dello scostamento biennale richiesto dall'art. 38 comma 4 del D.P.R. n. 600/1973 per procedere all'accertamento del reddito complessivo con metodo sintetico. Si e' costituita in entrambi i giudizi l'Agenzia delle Entrate, la quale rileva come, per espressa disposizione dell'art. 22 del D.L. 31.5.2010, n. 78, l'obbligo del contraddittorio preventivo si applichi soltanto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non era ancora scaduto alla data di entrata in vigore del decreto, e cioe' a partire dal periodo di imposta 2009, e non sia dunque applicabile alla fattispecie in esame, concernente i periodi di imposta 2007 e 2008. Nel merito l'Agenzia delle Entrate non contesta la sussistenza degli elementi forniti dal contribuente circa la percezione della pensione di invalidita', l'utilizzo promiscuo di un'auto ed il finanziamento per l'acquisto dell'altra, ma sostiene che questi dati non possono essere presi in considerazione - ex art. 32 comma 4 del D.P.R. n. 600/1973 - in quanto non tempestivamente indicati nella risposta al questionario notificatogli. Previo scambio delle memorie conclusive, alla pubblica udienza del 28 gennaio 2014 entrambi i ricorsi - previa loro riunione - sono stati trattenuti dal collegio per la decisione. Ai sensi dell'art. 32 commi 4 e 5 del D.P.R. n. 600/1973 (recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), «4. le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di cio' l'ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta. 5. Le cause di inutilizzabilita' previste dal terzo comma non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all'atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile». La Commissione dubita della legittimita' costituzionale del citato art. 32 comma 4 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600, per contrasto con gli artt. 24 comma 2 e 111 comma 2 della Costituzione, e ritiene pertanto di dover sollevare la relativa questione pregiudiziale. La questione e' innanzitutto anzitutto rilevante. Come sopra specificato in punto di fatto, soltanto con il ricorso introduttivo del presente giudizio e con la documentazione probatoria depositata a corredo dello stesso (cfr. i docc. 3, 4 e 5 delle produzioni 2.5.2013 di parte ricorrente), il contribuente ha indicato gli elementi dai quali si evincerebbe l'insussistenza della pretesa tributaria contenuta negli avvisi di accertamento impugnati, senza peraltro dedurre ne' provare - ex art. 32 comma 5 del D.P.R. n. 600/1973 - di non aver compiutamente adempiuto alle richieste degli uffici per una causa a lui non imputabile o per errore scusabile. Dunque, secondo una piana applicazione della norma censurata - espressamente invocata dalla difesa dell'Agenzia delle Entrate - tale documentazione non puo' essere presa in considerazione a favore del contribuente nella presente sede giudiziaria, sicche' il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla sollevata questione di legittimita' costituzionale. Del resto, come correttamente eccepito dalla difesa dell'Agenzia, nel caso in questione non puo' neppure trovare applicazione - ratione temporis - la disposizione correttiva inserita nel corpo dell'art. 38 D.P.R. n. 600/1973 dall'art. 22 del D.L. 31.5.2010, n. 78, che ha specificamente introdotto, a garanzia del contribuente e proprio al fine di attenuare il rigore della preclusione qui censurata, l'obbligo del contraddittorio preventivo (mediante invito al contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e successivo avvio del procedimento di accertamento con adesione), ma soltanto con effetto dagli accertamenti relativi ai periodi di imposta 2009 e successivi. Ne' puo' pervenirsi ad un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione in esame, nel senso di dare rilievo esimente alla mancanza di un comportamento intenzionalmente doloso o fraudolento del contribuente, teso ad impedire o a rendere piu' difficoltosa l'attivita' di controllo dell'amministrazione finanziaria, stante l'esistenza di un vero e proprio diritto vivente (consolidatosi anche rispetto all'interpretazione dell'omologa disposizione contenuta nell'art. 52 del D.P.R. 26.10.1972, n. 633 in materia di I.V.A.) nel senso che il divieto di prendere in considerazione, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa, i libri, le scritture e i documenti di cui si e' rifiutata l'esibizione, opera sia nell'ipotesi di rifiuto - per definizione «doloso» - dell'esibizione, sia nei casi in cui il contribuente trascuri l'esibizione della documentazione in suo possesso, non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto (id est, per mera dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative, etc.) e, quindi, per colpa, essendo sufficiente il fatto obiettivo della mancata risposta, a prescindere dalle motivazioni della parte privata, ossia dall'elemento psicologico del contribuente che omette di rispondere (Cass. Civ., V, 27.9.2013, n. 22126; id., 14.11.2012, n. 19871; id., 27.6.2011, n. 14027; id., 30.12.2009, n. 28049; id., 26.3.2009, n. 7269; id., 14.10.2009, n. 21768). Ma la questione pare al collegio anche non manifestamente infondata. Giova premettere che, con ordinanza 7.6.2007, n. 181, la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale del quarto comma dell'art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, sollevata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia in riferimento all'art. 53 primo comma della Costituzione. In quell'occasione, la Corte costituzionale ha rilevato che la prospettazione del giudice a quo, secondo la quale la norma censurata violerebbe il principio della capacita' contributiva in quanto la denunciata decadenza dalla facolta' di produrre documenti in giudizio impedirebbe l'accertamento della effettiva situazione patrimoniale del contribuente, sarebbe frutto di una evidente confusione tra il profilo sostanziale e quello processuale della tutela del contribuente, perche', mentre il principio di capacita' contributiva (art. 53 primo comma Cost.) ha natura sostanziale, in quanto attiene al presupposto del tributo, le preclusioni relative all'allegazione in giudizio di documenti o dati hanno invece natura processuale, in quanto attengono alla tutela giurisdizionale dei diritti (art. 24 Cost.). Dunque - prosegue l'ordinanza n. 181/2007 - la preclusione prevista dalla norma censurata, risolvendosi in un divieto di allegazione in giudizio dei dati e dei documenti non forniti dal contribuente in risposta all'invito dell'amministrazione finanziaria, opera sul piano esclusivamente processuale, ed e' percio' inidonea a menomare il principio di capacita' contributiva invocato a sostegno della sollevata questione di legittimita' costituzionale. Cio' premesso, e' proprio sul distinto piano processuale della tutela giurisdizionale dei diritti che si manifestano i dubbi circa la legittimita' costituzionale della disposizione. Difatti, il diritto alla prova costituisce «nucleo essenziale del diritto di azione e di difesa» (cosi C. Cost., 23.7.1974, n. 248; nello stesso senso C. Cost. 3.6.1966, n. 53), che l'art. 24 comma 2 Cost. afferma essere «inviolabile», al pari degli altri diritti fondamentali (liberta' personale, domicilio, liberta' e segretezza della corrispondenza - artt. 13, 14 e 15 Cost.). E' ben vero che il potere di agire in giudizio per la tutela del proprio diritto, cosi come il diritto di difesa, deve, al pari di ogni altro diritto garantito dalla Costituzione, essere regolato dalla legge ordinaria in modo da assicurarne la effettivita'. Sennonche', secondo la giurisprudenza costituzionale, mentre non contrastano con l'art. 24 Cost. le leggi che, circoscrivendo in modo piu' o meno ampio la sfera delle situazioni sostanziali, si limitano a determinare l'oggetto della garanzia giurisdizionale (cfr. le sentenze 27.2.1962, n. 8; 14.6.1962, n. 57 e 28.12.1968, n. 138), la garanzia della tutela giurisdizionale viene sicuramente compromessa «se si nega o si limita alla parte il potere processuale di rappresentare al giudice la realta' dei fatti ad essa favorevoli, se le si nega o le si restringe il diritto di esibire i mezzi rappresentativi di quella realta'» (cosi' le sentenze C. Cost. nn. 248/1974 e 53/1966 cit.). D'altro canto, non puo' ritenersi che la contestata limitazione del diritto di difesa contenuta nella disposizione qui censurata trovi adeguata giustificazione in un ragionevole e proporzionato bilanciamento con gli altri principi costituzionali coinvolti, come quello di buon andamento e di imparzialita' dell'amministrazione pubblica (art. 97 Cost.), attraverso un giusto equilibrio tra mezzo impiegato e scopo perseguito, in un rafforzamento indiretto dell'adempimento di obblighi tributari ed in un incentivo alla lealta', correttezza e chiarezza di rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione (cosi' C. cost., 25.7.2000, n. 351, in relazione all'art. 16 comma 1 del d.lgs. 30.12.1992, n. 504, istitutivo dell'imposta comunale sugli immobili). Difatti, da un lato si puo' seriamente dubitare dell'effettiva equipollenza tra il «principio» di buon andamento dell'amministrazione ex art. 97 Cost. ed il «diritto» di difesa, che e' espressamente definito «inviolabile» dall'art. 24 comma 2 Cost.: in tal senso, una chiara espressione della prevalenza - a livello legislativo - del diritto di difesa sulle piu' svariate esigenze di riservatezza dell'amministrazione o di terzi si ricava dalla norma di chiusura di cui all'art. 24 comma 7 delle legge 7.8.1990, n. 241, a mente del quale «deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici». Dall'altro, una tale giustificazione appare proporzionata e corrispondente allo scopo soltanto se limitata - per l'appunto - alla fase propriamente amministrativa del procedimento di accertamento tributario, di cui dev'essere effettivamente garantita la economicita', efficacia e speditezza. Oltretutto, nell'ambito del giudizio di proporzionalita' del mezzo impiegato (la preclusione processuale) rispetto al fine perseguito (il buon andamento dell'amministrazione), occorre tenere presente che il rispetto degli obblighi di lealta' nei confronti dell'amministrazione finanziaria e' gia' presidiato da una specifica disposizione sanzionatoria (l'art. 11 comma 1 lett. b del d.lgs. 18.12.1997, n. 471), che punisce colui che, anche a titolo di colpa, non restituisca il questionario inviatogli dagli uffici finanziari, ovvero lo restituisca «con risposte incomplete o non veritiere». In ogni caso, nel momento in cui il contribuente impugna l'avviso di accertamento in sede giurisdizionale (o contenziosa, per usare l'espressione della disposizione), opera immediatamente il preminente diritto di difesa ex art. 24 comma 2 Cost., il quale implica e racchiude il potere processuale di rappresentare al giudice la realta' dei fatti a se' favorevoli, esibendo i mezzi di prova rappresentativi di quella realta' (cfr. C. Cost. nn. 248/1974 e 53/1966 cit.; cfr. anche C. Cost., 28.1.2010, n. 26, nel senso che la compromissione del diritto alla prova comporta un pregiudizio per il diritto di difesa). Diversamente opinando il diritto di difesa, che di fronte all'autorita' amministrativa e nell'ambito del procedimento di accertamento puo' certamente soffrire compressioni in quanto non e' costituzionalmente garantito in termini di inviolabilita' (dovendo oltretutto essere contemperato con i doveri di lealta', correttezza e leale collaborazione nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione ex art. 97 Cost.), verrebbe irrimediabilmente vulnerato nella successiva fase giurisdizionale dinanzi al giudice tributario, cio' che invece non pare conforme all'art. 24 comma 2 Cost.. Se e' vero infatti che la garanzia costituzionale del diritto di difesa non comporta per cio' solo la illegittimita' di preclusioni e decadenze processuali (cosi' C. Cost. 20.6.2008, n. 221; id., 30.6.1994, n. 274), e' altrettanto vero che, nel caso di specie, la preclusione e la decadenza del contribuente dal diritto di esibire in giudizio i mezzi di prova non rivestono affatto natura propriamente processuale, perche' non si maturano all'interno del giudizio tributario, ma - prima ed al di fuori dello stesso - nella antecedente fase amministrativa di risposta al questionario inviato dall'amministrazione, oltretutto in un momento in cui il contribuente non e' neppure assistito dalla difesa tecnica (necessaria soltanto in giudizio - art. 12 d.lgs. 31.12.1992, n. 546). Alla violazione dell'art. 24 comma 2 Cost. si aggiunge la violazione dell'art. 111 comma 2 Cost., il quale, stabilendo che «ogni processo si svolge nel contradditorio tra le parti, in condizioni di parita' [...]», afferma il principio di «parita' delle armi» tra le parti, anche sotto il profilo della possibilita' di esercitare il diritto a difendersi provando. Diversamente da altri casi scrutinati dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. l'ordinanza C. Cost. 8.5.2009, n. 143, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 246 c.p.c, in relazione all'art. 111 Cost.), la preclusione in questione non si applica infatti - simmetricamente - a tutte la parti del processo, ma pone una delle due parti in causa (il contribuente) in posizione di oggettivo svantaggio nei confronti dell'altra (l'amministrazione finanziaria). Premesso che il principio di cui all'art. 111 secondo comma Cost. opera con riferimento ad «ogni processo» e, pertanto, anche a quello tributario (cfr. C. Cost., 27.2.2009, n. 56), che il principio di «parita' delle armi» rappresenta l'espressione, in campo processuale, del principio di eguaglianza (C. Cost., 21.1.2000, n. 18; id., 23.6.1994, n. 253), e che anche l'esigenza di soddisfare il contraddittorio attiene alla tutela di diritti fondamentali (C. Cost., 24.7.2007, n. 321), la preclusione di cui al censurato art. 32 comma 4 del D.P.R. n. 600/1973 comporta che il contraddittorio, inteso come lo specifico oggetto della controversia tributaria come derivante dalle rispettive deduzioni delle parti (il thema decidendum), non sia effettivo e compiuto, ma resti irrimediabilmente circoscritto dalle sole allegazioni dell'amministrazione finanziaria, senza che il contribuente possa - nel processo - ampliarne il contenuto per includervi dati e notizie a se' favorevoli non tempestivamente forniti in sede amministrativa, in risposta al questionario. Anche con riferimento all'art. 111 comma 2 Cost. puo' dunque osservarsi che, per effetto della disposizione di cui all'art. 32 comma 4 D.P.R. n. 600/1973, l'estensione e i confini del contraddittorio si vengono delineando nell'ambito del procedimento amministrativo di accertamento, cioe' prima ed al di fuori del processo, che costituisce invece la sede naturale dove questo deve potersi dispiegare compiutamente (cfr., per il processo civile, l'art. 167 c.p.c.), mediante l'allegazione di tutti i fatti impeditivi/estintivi della pretesa tributaria, e dei pertinenti mezzi di prova. Deve pertanto sollevarsi la relativa questione di legittimita' costituzionale, con la conseguente sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.